mercoledì 9 novembre 2011

Grigio come la nebbia

Stavo cercando di non andare a sbattere contro qualche panchina o qualche altra cosa che si trovava in quella via della villa comunale, mentre la percorrevo a passi lenti. Accanto a me ci doveva essere Alessio. Almeno, prima c’era. Ora non lo vedevo più. La nebbia era così fitta che riuscivi a vedere solo te stesso ma con da sopra le caviglie in poi. Sembrava quasi stessi camminando in mezzo ad una nuvola, però sotto i miei piedi c’era l’asfalto, anche mal ridotto, e potevi benissimo inciampare in qualche dosso o roba del genere.
Alessio (l’impasticcato) forse era stato rapito dalla nebbia. Mi fece ricordare un film che avevo visto da piccolo… non mi ricordo bene la trama o gli attori o nient’altro che questo luogo che, mi pare, appariva in una notte attraverso la nebbia, solo per una notte, poi quando stava per arrivare il giorno la nebbia se lo portava via chissà dove, e poi appariva un'altra notte di un altro giorno. Non ricordo neanche se era così la storia ma comunque mi ero fatto questo pensiero di questo film senza alcun senso, ma forse il film aveva un senso, che né so… fatto sta che mi era rimasto nella mente e in quel momento venne fuori, così offuscato come la nebbia che mi stava circondando.
Di Alessio non sentivo nemmeno la presenza, non capivo dove cazzo era svanito. Poi mi sentii chiamare, era la sua voce. “Giovanni, Giovanni…” Veniva dalla direzione davanti a me, non più in la di trenta metri. “Sono qui nella fontana.” Si, nella fontana, ma dov’era la fontana? Era nella direzione di fronte a te, cretino, dovevi solo proseguire sempre dritto, e arrivavi lì.
Questa nebbia ci aveva rotto il cazzo. Era venuta così all’improvviso, e mi colse di sorpresa. In un certo senso le sorprese mi danno fastidio, anzi, forse neanche mi piacciono. Quel bastardo di Alessio si orientava meglio di me. Tutte quelle Playgine gli avevano alterato i sensi. Ora la nebbia si era un po’ dilatata e riuscii a vedere Alessio mentre planava, si, proprio come un uccello o un aereo, planava fra la nebbia ma con i piedi a terra. Rideva felice e planava, e io che quasi sbattevo le parti basse contro una panchina, brillo com’ero. Era un periodo grigio per me, (per Alessio non sembrava, anche perché a lui non interessava quello che interessava me) la malinconia mi stava sempre addosso, non c’era alcol che me la facesse vincere, e non vedevo una fica da un “casinooooooooo” di tempo. Si, qualche fica l’avevo vista, una, ma non volle fare avvicinare il mio amico pisello: che stronza! Mi fece arrivare fino a vederle la fica, e appena cominciai a tastarla con le dita lei si tirò su le mutande, si riabbassò la gonna, e mi disse che non voleva farlo. Ma che cosa non voleva fare? Non c’era mica da commettere un reato. Che io sappia è la soluzione di questa vita, almeno voglio credere così, anche se io trovo un’altra soluzione: bere e non pensare di farmi certi tipi di pensieri come chi sono, da dove vengo, o dove sto andando. Io so soltanto che sono qua, e che ero là in mezzo a quella nebbia, e in compagnia di Alessio che riusciva a vederci mentre io a stento vedevo lui.
Era un periodo grigio, grigio come la nebbia, anche se non so bene se la nebbia è grigia, ma si fa per dire. Avrei voluto trovarmi fra le braccia di qualsiasi tipo di donna, ma che, niente, solo Alessio, nebbia, droga, spinelli, e alcol. Una sera fumai così tanto che non mi riuscì più di sentire il whisky; tanto che bevvi mezza bottiglia di whisky in un sorso, ma niente, non c’era nodo di potermi ubriacare, ero così lucido che avrei voluto suicidarmi.
Niente, era un periodo grigio e Alessio continuava a volteggiare fra la nebbia, diceva che la nebbia era bella. Anche io l’avevo detto, ma in quel momento non era affatto bella, anzi, era una seccatura. Poi finalmente la nebbia se n’andò e Alessio la smise di planare e ritornò a camminare accanto a me. Poi ci dirigemmo alla macchina. La nebbia ormai si era allontanata e io mi diressi al bar. Mi fermai e presi un whisky che bevvi d’un sorso, e una birra che portai con me. Poi accompagnai Alessio a casa e me ne andai a casa mia, anzi, a casa dei miei. Erano le due del pomeriggio ed io ero già bronzo. Mia madre mi osservava, di tanto, con una faccia schifata e sdegnata. Sul tavolo c’era ancora il mio piatto di spaghetti con sugo che ormai era diventato tutto un pezzo. Non lo mangiai, non mangiai nient’altro, me ne andai nella mia stanza e mi buttai sul letto. Non mi riuscì facilmente di addormentarmi, ma in fine ci riuscii.
Mi svegliai verso le cinque del pomeriggio con un mal di testa tremendamente assillante, poi m’andai a fare uno shampoo. Dopodiché mi feci una sega osservando una rivista porno. Scesi nella cucina dove mia madre era seduta e stava cucendo una giacca. Mia madre era una brava sarta, mi aveva anche fatto qualche giacca, pantaloni, e camicia. Una volta mi fece anche un cappotto, era veramente bello quel cappotto.
Tirai fuori del frigo un pezzo di salame, tagliai un pezzo di pane, e cominciai a mangiare. Poi mi accesi una sigaretta. Mia madre mi disse qualcosa di serio ma io feci finta di niente. Dopo un po’ mi disse che non avrei dovuto bere più, che il dottore le aveva detto che si moriva col bere, che avrei dovuto smettere anche di fumare, che avrei dovuto smettere di essere quello che ero (che sono). Mi aprii una birra che trovai nel frigo e cominciai a berla mentre me ne ritornavo nella mia stanza. Dopo un po’ mi venne di andare in bagno, dovevo cagare. Così m’andai a sedere sul cesso. Nello stesso tempo che misi il culo sulla tazza sentii parlare una donna che era entrata in casa. Cominciò a parlare di Dio e cose del genere, della bibbia. Di colpo mi venne una stitichezza di quella crudele. Cinque minuti prima ero pronto, anzi, mi stavo cagando addosso, ora ero diventato stitico.
Erano testimoni di Geova, una donna e un maschio. Non ci bastavano i cattolici e tutti gli altri? No! Ci sono anche loro, i testimoni di Geova. Io volevo pensare a una bella fica, ma quella donna Parlava così insistentemente, e mia madre che a sua volta ribatteva con la sua religione che io non riuscivo a pensare a una bella fica né a cagare. Cazzo! Mi stavo incazzando. Mia madre era troppo cattolica per farsi incastrare da quella donna. Poi cominciò a parlare il maschio con una voce grossissima che mi arrivò dritta allo stomaco e lo bloccò definitivamente. Cazzo! Mi arrabbiai. Mi tirai su i pantaloni, mi affacciai alla scala che dava direttamente nella cucina dove c’era la porta aperta, e gridai: “Per Dio, ma volete smetterla con questi discorsi?” Ci fu un silenzio di pietra. Poi mia madre disse ai due che aveva un figlio facile ad incazzarsi e a menare pure le mani, e oltretutto era Ateo. Si inventò tutto all’improvviso per mandarli via: Ogni tanto mia madre mi usava per i suoi fini, e a me in queste circostanze non dispiaceva, in altre invece si. Ad ogni modo. I due se ne andarono e io tornai al cesso, ma non mi riusciva di tirare fuori lo stronzo. Cominciai a sudare, mi sforzavo, ma niente. Poi sentii una signora anziana che sgridava suo marito con delle bestemmie da volta stomaco, e così, grazie a quelle grida da ortolana, il mio stomaco si rivoltò, e mi venne una cacarella bestiale. Mi venne anche un bruciore improvviso allo stomaco, ma tuttavia mi liberai di tutta quella merda.
La signora anziana smise di gridare, mia madre si rimise a cucire, i testimoni di Geova erano spariti, e io riuscii a pensare ad una bella fica, ma di fiche vere non se ne vedevano affatto. Era un periodo grigio, la malinconia non voleva lasciarmi in pace: troppi spinelli, troppe pasticche, troppe droghe, ancora alcol, e niente fica. Ero prossimo a due cose: la pazzia o il suicidio, ma non riuscii neanche a fare una delle due cose. non mi prendevo troppo sul serio.
Ancora ora non riesco a prendermi troppo sul serio, forse perché non lo voglio, o forse perché non lo so, e comunque mi piace così.
In serata uscii di casa, andai a comprare una bottiglia di whisky di basso costo e m’andai a sedere sul prato della villa comunale, in uno dei miei soliti posti di allora. Più tardi arrivò Piero, - era un periodo grigio anche per lui - poi arrivò Enrico, - per lui era grigio già da qualche tempo – poi arrivò Salvo, - per lui non era affatto un periodo grigio – poi arrivò Salvo T. – lui era grigio già di per se. Tutti bevvero nella mia bottiglia di whisky di basso costo, ma nessuno cambiò colore. In fine andammo a farci qualche spinello in macchina, alle vigne del paese. Il nostro paese era Adrano, un paese grigio, così grigio che io riuscivo, riesco anche a starci bene.

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